Il nostro organismo produce segnali di disagio se
il suo funzionamento non è più ottimale rispetto
agli scopi che sta perseguendo.
Se lo scopo ci è noto, potremo renderci conto che il disagio
è relativo al fatto che non lo stiamo perseguendo nella
maniera migliore.
Ma non siamo consapevoli di tutti gli scopi verso cui tende il nostro
organismo.
Noi abbiamo infatti un potere limitato di decidere quali scopi e come
perseguirli. Su alcuni abbiamo più potere di scelta che su
altri. 'Dedicarsi ad un hobby' può
essere discretamente sotto il nostro potere; 'digiunare'
decisamente meno.
Comunque, quando il funzionamento dell'organismo non è in
linea con uno scopo (che ci siamo consapevolmente prefissi, o verso il
quale l'organismo tende automaticamente), si produce un segnale che noi
avvertiamo come disagio, ma non sempre sapremo dire a quale scopo
frustrato si riferisce questo malessere.
Esistono diverse intensità di disagio e diverse
modalità attraverso le quali lo percepiamo (nel fisico,
nelle emozioni, nel comportamento, nelle funzioni cognitive).
La lettura di questi segnali e la loro decodifica esplicita rende
possibile modificare il funzionamento dell'organismo al fine di meglio
orientarlo.
Se quindi si studiano i segnali di disagio è possibile
risalire all'ostacolo che l'organismo incontra nella marcia verso i suoi scopi.
Ansia
L'ansia è
uno dei principali segnali di disagio. Può vestire diversi
panni secondo la modalità e l'intensità con le
quali la sperimentiamo.
Può quindi segnalare con diverse tonalità: ad
esempio il panico è un circolo vizioso in cui ci si spaventa
dello stato d'ansia producendo così altra ansia.
Il panico è un segnale di allarme ad un "livello
di urgenza" più elevato rispetto all'ansia stessa.
Come pure l'ansia ha un livello di urgenza più elevato
rispetto alla preoccupazione.
Riuscire
ad accorgersi prima possibile che il funzionamento dell'organismo
è minacciato, permetterà all'organismo di
riprendere a marciare verso i suoi scopi e a noi di soffrire meno.
Una volta appreso che la preoccupazione è un segnale di "sofferenza
dell'organismo" (ad esempio se appare come una
modalità di risposta frequente), è possibile
prendere atto di questo segnale, senza che esso rischi di farsi sentire
ad un livello più elevato di urgenza, con
modalità conseguentemente più disagevoli e
dolorose.
A questo punto, nell'esempio che stiamo delineando, sarebbe opportuno
rendersi conto che la preoccupazione è una nostra
modalità di risposta elettiva e frequente a determinati
stimoli. Una volta fatto ciò è utile elaborare
una alternativa più funzionale a questa risposta e cercare
il modo per sostituirla alla prima.
Sempre seguendo l'esempio, si potrebbe fare in modo di sostituire la
modalità "occuparsi di qualcosa" a
quella "preoccuparsi di qualcosa".
Occuparsi di situazioni difficili o rischiose infatti, porta con
sé più vantaggi rispetto al preoccuparsene.
Diventerà allora più produttivo fronteggiare tali
situazioni "occupandosene piuttosto che preoccupandosene".
La psicoterapia si occupa della sostituzione di questa
modalità di funzionamento.
Segnali e psicoterapia
Non esiste un libretto delle istruzioni universale
che riveli a cosa corrispondano i diversi indicatori di disagio.
Partendo dalle caratteristiche del segnale però,
è possibile risalire a cosa esso sta ad indicare. Ovviamente
è indispensabile la collaborazione di colui che sperimenta
il disagio.
L'ansia non è la stessa per ognuno di noi. Acquista un
significato particolare in relazione all'organismo e alla sua storia:
è intrinsecamente individuale.
La psicoterapia aiuta a risalire al significato personale associato al
segnale di disagio.
Spegnere il segnale resta ovviamente l'obiettivo più
immediato, ma senza perdere l'occasione di modificare il funzionamento
che ci porta "fuori strada".
Nell'esempio precedente potremmo imparare ad accorgerci che ci stiamo
preoccupando più del solito e correre ai ripari, senza che
il segnale diventi ansia.
La "tonalità" del disagio è
quindi diversamente udibile a seconda della capacità
dell'udito stesso. E' possibile allenare l'udito a percepire (e quindi
intervenire) un "cattivo funzionamento" prima che
diventi un disagio "doloroso".
Si può quindi sempre imparare a "tenere la rotta"
verso i nostri scopi seguendo piccoli segnali, piuttosto che segnali "ad
alta priorità".
Come nota a queste brevi spiegazioni vorrei associarmi a chi di voi sta
pensando cose del tipo: "Magari fosse così
semplice!", o "E' troppo schematico, io sono
più complesso di così!".
Condivido totalmente. Ma si tratta solo di un modo per spiegare come
mai a volte stiamo male e cosa si propone la psicoterapia. Un modo
semplice e per questo imperfetto ma, spero, abbastanza comprensibile.