È sicuramente tra le prime tre paure nella classifica dei disagi e delle problematiche personali, influenza tantissimo le scelte e il modo con il quale affrontiamo gli eventi, ci fa vivere male e spesso ci impedisce di raggiungere i nostri scopi.
La paura di sbagliare ha numerose conseguenze sul piano mentale, delle emozioni e del comportamento. Produce preoccupazione, ansia e indecisione; ruminazione, autocritica e rinunce; apprensione, senso di colpa e procrastinazione.
Tutto ha origine da un convincimento: che sbagliare sia un evento estremamente rilevante, da tenere doverosamente in conto, al quale fare attenzione in maniera particolare.
Può essere utile precisare che non necessariamente un evento come sbagliare è di per sé degno di così tanta considerazione.
Lo diventa quando abbiamo noi qualche ragione per ritenerlo tale. Allora, in misura proporzionale all'importanza che gli attribuiamo, cominceremo a farci caso, a provare emozioni negative quando accade, a modificare il nostro comportamento in base ad esso.
Se l'errore diventa degno di nota quindi, lo sbagliare comincia ad avere per noi un certo peso, una sua gravità.
Per ritenere grave lo sbagliare occorre che nella mente coesistano due convinzioni.
La prima è che l'errore sia insopportabile: si deve credere cioè che le conseguenze dell'errore siano catastrofiche, che non ci si possa fare niente e soprattutto che la colpa sia nostra.
La seconda convinzione è che, per il fatto di aver sbagliato, si diventi conseguentemente una persona sbagliata.
Queste due idee determinano la gravità associata allo sbagliare.
Sbagliare è grave
Conseguentemente alla sua gravità, sbagliare renderà insopportabile l'errore e costituirà la prova che sono sbagliato.
A questo punto le tre convinzioni si sosterranno a vicenda. Per questo è difficile "fregarsene" dell'errore quando lo si ritiene tanto grave.
Una volta che si è convinti della sua gravità, si sperimenterà ansia alla previsione di sbagliare e uno scadimento della stima di sé una volta che l'errore è stato commesso.
Le emozioni predispongono l'organismo all'azione: orientano il suo funzionamento attraverso la modificazione dei vari parametri psicofisiologici.
Come tutte le altre emozioni, anche l'ansia produce effetti sulla mente, sulle emozioni e sui comportamenti.
In questo articolo ci occuperemo di due di questi effetti sul piano mentale: preoccupazione e pensiero ossessivo.
Errare humanum est
Ritenere lo sbagliare una cosa grave, genera disagio, spesso sofferenza psicologica e peggiora la nostra vita. Ma non meno importante è che va contro la stessa ragionevolezza.
Sbagliare è infatti la condizione irrinunciabile alla base dell'apprendimento e l'errore è una caratteristica ineliminabile del caso.
Per queste ragioni conviene accettare l'errore come componente naturale della nostra realtà ed evento necessario alla nostra sopravvivenza. Non possiamo che fallire se pretendiamo di non sbagliare.
Ma per poter accettare l'errore dobbiamo riconsiderarlo, attribuirgli meno gravità, imparando a giudicarlo sopportabile, ammissibile e normale.
Ma soprattutto dobbiamo andare alla radice dell'errore, capire da cosa veramente è causato.
Molto spesso le persone pensano di essere colpevoli dei propri errori, che questi dipendono esclusivamente da una loro mancanza. Sembrano quasi convinte che ciascun errore possa potenzialmente essere evitato: basta esserne capaci, averne la volontà e metterci tutto l'impegno.
Quando poi inevitabilmente si commette un errore si è costretti a concludere di non essere portati, non aver voluto abbastanza ed essere stati negligenti.
Non sono capace, non sono portato
Questo accade per la confusione che ruota intorno al concetto di "capacità". Essere capace si riferisce all'essere in grado, cioè essere materialmente nella possibilità di fare qualcosa.
Sbagliare in questo senso significa che in quel momento non ero idoneo a fare questo qualcosa. Non c'erano cioè le condizioni per riuscire. Essere portato invece, definisce una nostra condizione interna permanente: sono dotato di una capacità o privo di essa.
Sbagliare in questo senso significa essere deficitario, carente di una qualità che invece avrei dovuto necessariamente possedere. Altri fattori passano in secondo piano e divento il solo colpevole dell'errore. Per questo alcuni si giudicano una persona che vale meno delle altre quando sbagliano.
Il concetto "essere portato" viene spesso utilizzato al posto di "essere capace".
Quando commetto un errore, posso dire di "non essere stato capace" ma non posso dire di "non essere portato".
Qualcuno potrebbe ribattere che se commetto lo stesso errore più volte sono autorizzato a concludere di non essere portato. In questo senso però dovremmo chiederci quanti errori dovrò commettere per potermi dire non portato. Si porrebbe il problema del peso, appunto della gravità dei singoli errori commessi. Quando un errore deve essere considerato molto grave e quando invece poco grave?
Dipende, come dicevamo, dalle due convinzioni che determinano il livello di gravità con il quale verranno valutati gli errori: "L'errore è insopportabile" e "Se sbaglio sono una persona sbagliata".
Come credo, così mi sento
Se credo in queste due idee insomma, arriverò necessariamente a concludere che non sono portato: sarò dunque convinto che sbagliare porterà solo conseguenze negative alle quali non potrò porre rimedio e delle quali sarò in pieno colpevole; potrei inoltre arrivare a considerarmi una persona che per questo vale meno.
Se, al contrario, non credo in queste due idee, potrò solamente affermare di non essere stato capace questa volta, che le conseguenze dell'errore sono al massimo molto brutte ma non catastrofiche, che potrò comunque farci qualcosa e che le cause dell'errore dipendono sì in parte da me, ma al tempo stesso anche da altre variabili di cui non posso dirmi responsabile. Inoltre tenderò ad attribuirmi lo stesso valore come persona, indipendentemente dal commettere o meno uno sbaglio.