Molte persone sono convinte di aver bisogno di essere sempre al 100%, riposate, con la mente lucida e il corpo scattante, per sopportare ciò che gli succederà e il modo in cui si sentiranno.
Quando non sono in forma, temono di non riuscire a tollerare le emozioni e gli stati psicologici e di conseguenza crollare a terra, esaurendosi come una candela, perdendo il controllo delle proprie facoltà mentali.
Una visione veramente pessimista e sfiduciata, nonché estremamente allarmante, del funzionamento e delle risorse dell'organismo.
Prevedendo questo rischio nasce in loro il bisogno di evitare la stanchezza: recuperare, non affaticarsi troppo, accumulare "energia" in vista di qualcosa di imprevisto che potrebbero non riuscire a sostenere.
I comportamenti e le abitudini di tutti i giorni cambiano, diventano persone più caute e calcolatrici, rigide ed abitudinarie.
Chiedersi "Come sto?" diventa una delle loro attività mentali più frequenti, visto che sentirsi male significa che essere più deboli, quindi più a rischio di crollare.
Si crea una specie di monitor sempre acceso sullo "stato di ricarica" del corpo e della mente, per cercare di capire in anticipo quanto si è in grado di tollerare.
Le risorse non vengono quindi spese con leggerezza: diventa essenziale conservarle. Ogni momento per guadagnare energie non va perduto, occorre anzi approfittarne "perchè non si sa mai".
È necessaria una continua preparazione, un risparmio continuo. Bisogna trovare il modo giusto, il migliore per non spendere troppo, oppure quello che faccia recuperare di più.
Il riposo insomma non è mai abbastanza: diventa un eterno riposo.
Questo accumulo forzato di risorse modifica lo stile di vita della persona, limitandone i movimenti, la realizzazione dei desideri e in ultima analisi la crescita ed il progresso personali.
Attività come il mangiare, dormire, divertirsi, prendersi cura di se stessi, diventano esigenze assolute e imprescindibili anziché gusti, preferenze o normale routine.
Ovviamente a questo punto la loro libertà è condizionata, ridotta.
Tutto questo succede perché queste persone sono convinte che esista un punto di non ritorno oltre il quale si entra in uno "stato di esaurimento", che non permette più di fronteggiare gli eventi, controllare le emozioni e gestire gli stati della mente.
La prospettiva è quella che, superato questo punto, ci sarà un danno grave ed irreparabile.
Questo modo di pensare è tipico di chi possiede un pregiudizio su se stesso, una presunzione di debolezza ed inferiorità.
Se infatti di fondo sono convinto di essere carente, bisognoso di riguardi e cautele speciali, verrà da sè che dovrò preoccuparmi continuamente di come mi sentirò, fare lo sforzo di controllarmi, razionare le mie risorse, difendermi da ciò che ritengo troppo oneroso, faticoso, usurante, per me intollerabile.
In ultima analisi questo mi porta ad una vera dipendenza, a ritenere indispensabili quegli accorgimenti che penso servano a proteggermi dal crollo, dall'esaurimento delle risorse, dal manifestarsi della mia intrinseca debolezza.
È utile ricordare che l'idea di non riuscire a sopportare le emozioni e gli stati psicologici è un'idea senza senso. Tutto quello che non ci uccide è sopportabile e sia le emozioni che gli stati psicologici non uccidono e non fanno perdere il controllo di sé.
Magari possono crearci disagio, ma sicuramente possono sempre essere tollerate, in quanto manifestazioni normali e fisiologiche dell'organismo.
Soltanto una volta acquisito questo dato di fatto, si può mettere in discussione il bisogno assoluto di essere sempre in piena forma, riposati e in salute. Anche se sono stanco non sono per questo più debole intrinsecamente, più a rischio di crollare o perdere il controllo.
Liberati dalla dipendenza di dover stare per forza al 100% potremo scoprire che funzioniamo lo stesso, che non serve per forza controllarsi, gestire e dover sempre prevedere. Si potrà così mettere in crisi l'idea pregiudiziale sulla propria debolezza, scoprendo che si tratta di un mito, una storia di immaginazione che possiamo tranquillamente smettere di raccontarci.
Ovviamente detto così sembra semplice, ma si tratta di un percorso che va affrontato con metodo e strategia. In alcuni casi le esperienze della vita possono facilitare questo cambiamento, negli altri occorre affidarsi alla psicoterapia che può dare le giuste linee guida, nonché le indicazioni utili per riuscirci.