Quando i bambini iniziano il primo ciclo della scuola elementare, si confrontano con tutta una serie di difficoltà:
- nuovi contenuti da imparare;
- relazionarsi con i compagni di classe;
- affrontare una prima concreta valutazione dei propri sforzi e capacità. Ad ogni bambino può succedere di non riuscire a superare questi ostacoli con profitto.
Questa difficoltà può essere colta dall'insegnante:
"Si distrae in classe";
"Non riesce a fare amicizia con i suoi compagni";
"Potrebbe fare di più";
"Ha le capacità ma non si applica".
Molti genitori provano ad agire delle contromisure
(fare i compiti insieme, controllare, fare continue raccomandazioni, dare premi e punizioni, ecc).
Queste strategie, che a volte portano un buon risultato, possono diventare però una routine estenuante, che può sfociare in tensione emotiva con i figli.
Nonostante l'intenzione dei genitori sia giustamente quella di affrontare il problema del rendimento, occorre che essi sappiano di confrontarsi con processi complessi, dove la prestazione del bambino è solo l'ultimo anello osservabile di una catena.
Infatti, le difficoltà di apprendimento sono legate alle idee che il bambino ha su di sé ("Non sono capace"; "Sono lento"; "Non sono portato"; ecc) e sugli altri (ad esempio: "I miei compagni sono più bravi di me"; "La maestra pensa che sono stupido").
Queste idee favoriscono un comportamento di rinuncia e di avversione per i compiti, come pure per la scuola in generale.
In questa cornice, l'aiuto dei genitori può essere percepito dal bambino come una conferma di non essere portato, aumentando così la sua sensazione di incapacità.
Più si sentirà incapace, più penserà di esserlo realmente, più sarà propenso a rinunciare.
In questo caso quindi, il fatto stesso di essere aiutato dai propri genitori, comporta una serie di conseguenze nel bambino:
- Scarso sviluppo dell'autonomia e della capacità decisionale:
non avendo la possibilità di affrontare e superare da "solo" le difficoltà, difficilmente svilupperà una concezione di sé che lo porti a perseverare piuttosto che rinunciare. - Il bambino non attribuirà a sé il merito:
sarà portato a ritenere i successi una conseguenza dell'aiuto esterno e gli insuccessi una sua colpa. - Scarsa tolleranza alle emozioni negative:
sempre protetto dalla possibilità di commettere errori, non imparerà a fronteggiare le emozioni connesse all'insuccesso, né il dispiacere per aver sbagliato. Vivrà delusione e sconforto laddove sarebbe auspicabile solo frustrazione. - Ridotta conoscenza di se stesso e delle proprie potenzialità:
il bambino svilupperà una scarsa stima di sé ed una valutazione pessimistica circa le proprie possibilità. Questo contribuirà a formare una personalità più arrendevole e prona alle difficoltà.
Riconoscere i fattori responsabili del momento di stallo dei figli, nonché i metodi più opportuni per intervenire è un compito arduo per i genitori.
I benefici dell'intervento psicologico basato sulle ripetizionigrave
Lo psicologo esperto in ripetizioni interviene per colmare lacune di apprendimento del bambino e nello stesso tempo cerca di capire quali sono le idee che sostengono il rendimento scadente.
- Lo psicologo esperto in ripetizioni aiuta il bambino nelle sue difficoltà, cercando di capire come, dove e perché si blocca.
- Il genitore, liberato dal ruolo di insegnante, può recuperare un rapporto libero e rilassato con il proprio figlio, occupandosi di sostenerlo più che di controllarlo: diventerà così una guida più efficace.
- Se il bambino ha delle difficoltà psicologiche, queste possono essere rilevate e diventa possibile agire precocemente per compensarle e risolverle.
- In un contesto familiare, quello delle ripetizioni, il bambino non si sentirà "diverso" dagli altri. Il fatto di non essere "portato dallo psicologo", lo proteggerà dal sentirsi malato e impedirà che venga etichettato come "diverso" dai compagni.
- Il bambino sa che un'insegnante lo aiuterà nel fare i compiti. Anche il genitore può contare sulla stessa sicurezza. Entrambi potranno gestire meglio il proprio tempo.